Nanga – Simone Moro

E’ la storia di una montagna mito e di un’impresa sovrumana. Di un pizzico di fortuna e di tanta passione. Non e’ fantasia ma e’ Nanga, di Simone Moro. Ci tengo da subito a sottolineare che a differenza di molti altri libri di imprese e conquiste di vette, questo libro ha un’aninangama molto piu’ profonda. Non e’ il classico spiegone di corde tirate (dove, come e quando), di campi base montati (dove, come e quando), con l’elenco sterile di alpinisti partiti e alpinisti ritornati dalla spedizione. Simone si racconta in maniera romantica, come se stesse scrivendo la sua storia d’amore con la montagna.

Il libro comincia con tutto quello che e’ stato il background dell’autore: i tentativi provati negli anni precedenti, le perdite umane avute. I miti alla quale si rifa’. La difficolta’ psicologica del ritornare in pista dopo aver visto morire delle persone, dei famigliari,con una passione cosi’ estrema. La semplicita’ del racconto rende la storia quasi surreale, come se fosse una storia e basta. E invece quell’uomo alto e secco ha veramente conquistato la punta del Nanga.

La seconda parte e’ piu’ focalizzata sul tentativo che l’ha portato al grande successo: la vetta. Racconta di come hanno affrontato i vari campi base. Del fisico che in quel momento era pronto. Negli anni passati l’altitudine aveva giocato un brutto colpo a Simone, impedendogli di proseguire il cammino. Ci vuole una sorta di acclimatazione anche per l’altitudine, e lui non era riuscito a superarla. Se il tuo corpo non sta bene a 5000, non puoi pensare di arrivare a 8000 mt nella fatidica zona della morte. Il rischio embolo e’ quasi una sicurezza. E’ come partire per la battaglia della vita con un braccio solo. Affronteresti mai un pugile professionista sapendo di non avere almeno entrambe le braccia libere? Non credo proprio.

In quel particolare momento della sua vita invece, il corpo sembrava quasi suggerirgli di andare. Non aveva nemmeno dovuto fare tutta la fase di “salita-discesa-risalita” per abituarsi all’altitudine. Il suo corpo era in bolla. A livello metereologico ci sono pochi giorni a disposizione per poter tentare la salita della tua vita, soprattutto in inverno come ha fatto Simone. I rischi sono innumerevoli, dalla bufera alla valanga. E ad 8000mt d’altezza voglio dire 100% morte. Ma anche il tempo era stato clemente.

E’ ammirevole il rispetto che l’alpinista dimostra nei confronti della montagna e della natura. Questo libro sembra il romanzo di una lunga storia d’amore.
“E quella con il Nanga lo è stata. Vieni respinto un sacco di volte ma, a forza di corteggiare l’oggetto del tuo amore, capisci come devi cambiare l’approccio per farti accettare… All’inizio mi era stato proposto come sottotitolo Come ho conquistato il Nanga Parbat la montagna assassina. A parte il fatto che la montagna non è assassina, ho detto no perché non ho mai voluto usare il verbo conquistare. Mi hanno ribattuto: ‘Ma sarebbe proprio nel senso di ottenere la mano dell’amata…’. Sì, ma quanti l’avrebbero letto in quella chiave? Così il sottotitolo ora è: Come ho corteggiato la montagna che chiamavano assassina. Un lungo corteggiamento. Infatti, mentre pensavo a quanto dovevo scrivere, l’emozione più forte l’ho provata rendendomi conto che si è trattato di un intero anno della mia vita! Quattro spedizioni, per tre mesi ognuna di permanenza sulla montagna…”.

©CinnamonInTheAir

 

Prometto di sbagliare

Prendete delle emozioni, prendete delle pagine bianche. Riempite ogni singolo foglio con tutto quello che provate, con tutto quello che amate della Vostra persona, con i fantastici pensieri avuti nei Suoi confronti. Con i tormenti che l’amore spesso vi ha provocato. Con l’inadeguatezza che in alcuni casi ha preso il posto di un “Ti Amo”. Un inno all’amore che provate nei confronti della persona che amate. Una poesia dei gesti, la devozione del ricordo nel momento dell’innamoramento.  Un libro che cerca il particolare ma scritto completamente fuori dagli schemi classici.

«Mi seduce l’esistenza dei giorni l’uno dopo l’altro, le mani rugose di mio padre nelle mie, il sorriso aperto di mia madre da sempre.»

Me lo sono portato avanti per qualche settimana perche’ cosi’ come e’ stato scritto fuori dagli schemi, ho voluto leggerlo fuori dagli schemi: una pillola di felicita’ quotidiana. Un nuovo modo di fare poesia, cosi’ come e’ un nuovo modo di scrivere un romanzo. Per poterlo capire bisogna semplicemente lasciarsi trasportare dalle parole, senza giudicare o pretendere di comprendere che cosa concretamente stia succedendo ai personaggi. Ho imparato un nuovo modo di amare. L’autore ha saputo domare e dare significato alle farfalle che ognuno ha nello stomaco. Da bravo addestratore ha saputo domare il turbinio di emozioni per farne una frase di senso compiuto. Una frase di pancia e non di testa, ma pur sempre una frase con il senso e la direzione verso il cuore.

Concludo con una citazione non del libro ma della famosissima poesia di Montale che credo abbia potuto ispirare la visione dell’autore del romanzo:

Ho sceso, dandoti il braccio, almeno un milione di scale. E ora che non ci sei e’ il vuoto ad ogni gradino. Eugenio Montale.

prometto di sbagliare